Si apre un altro anno ‘acrobatico’ per il turismo internazionale nel Belpaese. Le incognite della non facile situazione contingente si accompagnano alle speranze di business
L’Italia sarà una delle mete più gettonate del 2023, ma una serie di questioni rischiano di rendere vani gli sforzi e le aspettative del turismo incoming, che confida sulla salda posizione della Penisola sullo scenario turistico internazionale, ma deve fare i conti con alcuni fattori che renderanno la situazione più complessa del previsto.
E mentre il Washington Post incorona il Belpaese come una delle mete più gettonate dell’anno appena iniziato, gli addetti ai lavori devono fronteggiare i venti contrari.
I BIGLIETTI DEI MUSEI
Ultima questione in ordine di tempo, ma prima dal punto di vista dell’impatto mediatico, la decisione degli Uffizi, che insieme al Colosseo, ai Fori Romani e a Pompei guida la classifica dei musei più visitati d’Italia, di aumentare il biglietto di ingresso. Un ritocco verso l’alto non pesante (5 euro in alta stagione), ma che ha fatto partire le polemiche di chi, come gli operatori turistici, si trovano a dover dire ai loro clienti che il prezzo del pacchetto venduto è cambiato o, peggio, a dover riassorbire i costi.
Due i temi: da un lato il rischio di un effetto contagio, con un innalzamento dei biglietti di ingresso di tutti i musei italiani (una prospettiva caldeggiata anche dal ministro del Turismo Santanchè, che in un recente incontro ha sottolineato come i nostri tesori artistici e culturali meriterebbero ticket di accesso più alti), dall’altro un effetto negativo sull’immagine del Paese all’estero, che sembra a tutti gli effetti ormai una destinazione costosa.
LA TASSA DI SOGGIORNO
A rafforzare questa immagine anche la possibilità, contenuta in un emendamento alla legge di bilancio, per le città con un numero di turisti elevato di aumentare la tassa di soggiorno. Anche in questo caso, i sindaci stanno valutando il da farsi: alcuni, come il sindaco di Siena, hanno deciso di non ritoccare verso l’alto le tariffe, ma non c’è nessuna garanzia che le altre città turistiche siano disposte a seguire la sua linea. Anche in questo caso, l’effetto negativo può essere duplice (se non triplice): un boomerang di immagine, un aumento anche sensibile del conto a camera per i turisti e un provvedimento che arriva senza la giusta programmazione, precipitando sulle teste degli operatori a ‘prezzi fatti’.
I RISCHI
Insomma, il turismo in Italia rischia di andare fuori mercato. A questi due aumenti si aggiungono i rincari dei costi degli alberghi e, più in generale, la crescita del costo della vita, che va a impattare in maniera diretta sui viaggiatori. Sono infatti in rapido aumento i costi della ristorazione, spinti dalla crescita dei costi dei beni alimentari e dai costi dell’energia, così come i costi per i trasporti pubblici nelle città. A fine vacanza, il conto di un viaggio in Italia rischia di essere troppo salato, e il Paese di perdere in competitività.